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Aprile 2010

Alex, trans FtM e gay: storia di uno di noi.

Care amiche e cari amici, come sapete Milk Milano vuole far conoscere a 360° la realtà GLBT, partendo dalla visibilità e dal racconto diretto dei propri vissuti da parte dei soci e dei simpatizzanti. Come portavoce sono felicissimo di sottolineare come da circa un anno la presenza trans (nelle sue varie accezioni) stia arricchendo il percorso della nostra associazione in modo molto costruttivo. Oggi vogliamo lanciare in rete un altro sasso, che apra discussione e faccia conoscere una realtà: come sapeta, definirsi trans significa esprimere un percorso verso un genere di elezione differente da quello biologico (sono nato fisicamente donna, ma il mio genere di elezione è maschile… e viceversa), e nulla ha a che vedere con l’orientamento sessuale. E’ quindi normale incontrare persone trans etero o omosessuali… scopriamo insieme questa realtà attraverso questa lunga intervista che racconta l’esperienza personale del nostro Alex, trans FtM (da femminile a maschile) e gay. Ovviamente quella di Alex è la sua storia, unica e irripetibile, ma siamo convinti che essa sia esemplare per molti e che molti possano riconoscervisi. L’intervista è stata realizzata dal nostro socio Nathan, autore del blog Progetto Genderqueer. Buona lettura, Ste

1) Quando hai scoperto che la tua identità di genere era maschile? E quando lo hai accettato?

Non ho scoperto la mia identità da un giorno all’altro, chiaramente. Credo che per nessuna persona transessuale questo sia possibile! Credo semplicemente di aver sempre allontanato questa possibilità, perché non fa parte della cultura in cui sono cresciuto sapere e accettare serenamente che esista anche questa realtà.  La cosa che mi ha praticamente sempre accompagnato è stato più un senso di disagio, vergogna e non appartenenza in generale; con la pubertà si è concretizzato di più in un senso di repulsione verso il corpo, la sessualità e il riconoscermi nel genere femminile. Spesso mi trovavo a chiedermi perché non fossi maschio, ma il fatto di sentirmi attratto da altri maschi è stato a lungo un deterrente molto forte al riconoscere un problema di identità di genere. Leggi tutto »Alex, trans FtM e gay: storia di uno di noi.

Ancora sulla sentenza. Giovanni Dall’Orto.


Pubblichiamo con piacere il commento di Giovanni Dall’Orto alle motivazioni della sentenza della Corte Costituzionale. Come sempre le valutazioni di Giovanni sono lucide e assolutamente condivisibili, a nostro giudizio.

Esistono nella sentenza almeno quattro punti importanti per noi, e mai stabiliti prima attraverso la “via politica”, che spiccano perfino agli occhi di un profano come me. E chissà cosa troveranno gli occhi più esperti ed allenati dei giuristi che stanno seguendo la faccenda.

Con straordinaria celerità la motivazione della sentenza della Corte Costituzionale di due giorni fa è stata già pubblicata. La lettura di questo testo conferma quanto si diceva a proposito del fatto che non si possono dare giudizi prima di aver letto le motivazioni. Il testo contiene infatti, è vero, il respingimento delle richieste, ma anche tutta una serie di aperture e affermazioni di princìpi tali, che sicuramente daranno filo da torcere al mondo politico, che oggi ha commentato la sentenza senza averla palesemente letta.Leggi tutto »Ancora sulla sentenza. Giovanni Dall’Orto.

60 secondi…

Pubblichiamo molto volontieri questa proposta di Arcilesbica. Partecipate numerosi! Abbiamo pensato che quando si parla di omofobia raramente si include la discriminazione contro le lesbiche.… Leggi tutto »60 secondi…

Sulla sentenza della Corte Costituzionale, calma e gesso

Riportiamo con grandissimo piacere le riflessioni di Giovanni Dall’Orto in merito alla sentenza della Corte Costituzionale. Nel ringraziare ancora tantissimo chi ha portato avanti l’iniziativa (Certi Diritti, Rete Lenford e le coppie che hanno presentato i ricorsi), abbracciamo – concordando appieno – le sensate parole di Giovanni. Buona lettura.

Ho passato lo scorso mese ad ascoltare chi (avvocati, giuristi, docenti) di Legge ne sa più di me, in modo da arrivare all’attesa sentenza di ieri da parte della Corte Costituzionale sui matrimoni gay non dico preparato ma almeno informato. E per questo motivo mi suona piuttosto sgradevole passare oggi, dalle argomentazioni eleganti, ragionate e argomentate dei giuristi, alla cacofonia superficiale e alla drammatizzazione esagitata che sono parte ineliminabile (per lo meno nella patria di Pulcinella…) dei discorsi politici.
Da una parte e dall’altra sembrano scatenate le “drama queens”. “Vergogna alla Corte Costituzionale!”, ululano gli uni. “La Corte l’ha messo in quel posto alle assurde pretese dei gay”! strillano gli altri.
Peccato che sbaglino sia gli uni che gli altri.

In primo luogo, perché prima di stabilire cos’abbia detto in realtà la Corte occorre (come sempre in questi casi) aspettare di leggere le motivazioni della sentenza. A quanto è stato anticipato, la Corte ha respinto la richiesta ribadendo la competenza esclusiva del Parlamento nel dirimere la questione. E fin qui ci siamo: è la Costituzione a stabilire questo principio. Ma bisognerà vedere poi in che modo avrà ribadito questa apparente banalità: a questo livello decisionale, spesso il diavolo sta nei dettagli.
Per esempio, se la Corte avesse detto che non può dire la sua perché sul fatto deve decidere il Parlamento, l’accento nascosto non starebbe sulla parola “Parlamento”, ma sulla parola “deve”. Nella sentenza potrebbe esserci, in altre parole, un monito, un richiamo a decidere in tempi ragionevoli sulla questione.
La Corte ce lo ha davvero messo, ‘sto monito? Boh, chi lo sa… Per l’appunto, per saperlo bisogna prima vedere cosa ci starà scritto, nella sentenza. Il cui effettivo valore potrà essere valutato solo quando si potrà contare quanti diavoli e diavoletti stiano nascosti nei dettagli…
Esistono molti precedenti di questioni in cui la Corte ha respinto un quesito la prima volta che le è stato presentato, ma solo per ribadire che sul problema esisteva in effetti un vuoto legislativo, a cui occorreva porre rimedio. E nei casi in cui il Parlamento non lo ha fatto, è successivamente intervenuta per sanare la lacuna, magari al secondo o terzo ricorso.
Insomma, nell’ovattato gergo della politica un eventuale “monito” è in realtà una minaccia gentile. “Non tocca a me decidere”, dice la Corte, “Tocca al Parlamento”. Però il sottinteso che soggiace a questa frase è: “… Certo, se il parlamento persiste a non legiferare, in quel caso mi sento autorizzata a dire la mia”.Leggi tutto »Sulla sentenza della Corte Costituzionale, calma e gesso

Niccolò Tommaseo e la prostituzione

Cari Lettori e Care Lettrici vedo dalle visite che seguite con attenzione il TRANSIZIONARIO: questo mi fa un enorme piacere, ed è uno stimolo per continuare… Mi avvicino alla chiusura del lungo post sul termine “prostituzione” (importante vista l’attività di assistenza che il Milk ha deciso di intraprendere per i/le sex workers con le “ronde del té”) parlandovi delle origini del termine e dei suoi recenti trascorsi semantici.

La parola “prostituzione” deriva dal verbo latino prostituĕre (pro, “davanti”, e statuere, “porre”), e indica la situazione della persona (in genere schiava) che non “si” prostituisce, ma che, come una merce, viene “posta (in vendita) davanti” alla bottega del suo padrone. Questa origine richiama quindi la condizione storicamente più abituale della prostituta, la quale non esercita autonomamente la sua professione, ma vi è in qualche modo indotta da soggetti che ne sfruttano il lavoro traendone un proprio guadagno (i cosìddetti “protettori”).

Niccolò Tommaseo (nella foto) fissò una distinzione fra meretrice e prostituta: la prima guadagna del corpo suo (e qui l’illustre linguista richiama il termine latino mereo) mentre prostituta è legata a prostat, cioè è colei che per guadagno o per libidine, “si mette in mostra, e provoca a sozzure“. Tipico di Tommaseo è il legare gli esiti di una fine e rigorosa indagine filologica a personali giudizi di merito e morali i quali gli fanno aggiungere: “[La prostituta] è più comune, più venale. Taide meretrice, Messalina prostituta. Ogni abbracciamento venale è meretricio, prostituzione non è. Le meretrici di caro prezzo non sono prostitute; le prostitute da’ genitori o dai mariti, che nulla guadagnan per sè non meritano l’altro nome [meretrici]”.Leggi tutto »Niccolò Tommaseo e la prostituzione