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da RiDVDere

La crisi del grande schermo ha portato, in questi ultimi anni, alla chiusura di moltissime sale cinematografiche, a favore di Multisale che programmano solo “blockbusters” o film comunque destinati al grande pubblico.
La scomparsa dei piccoli cinema d’essai rende difficile far conoscere anche alla nuove generazioni i film che hanno fatto la storia del cinema, anche di quello omosessuale.
In questa rubrica vogliamo segnalare i film disponibili in DVD da vedere o rivedere, sia perché hanno fatto parte della nostra vita sia perché hanno contribuito a rendere l’omosessualità un argomento non più tabù.

DARIO ARGENTO

20120125-085654.jpgQuesta volta non parlerò di un singolo vecchio film a tematica gay, ma di un regista che, spesso e volentieri, ha inserito personaggi omosessuali all’interno delle proprie opere.
Sto parlando di Dario Argento il quale, a mio modesto parere, è stato uno dei più grandi protagonisti del cinema italiano degli anni 70.
Qualcuno magari potrà storcere il naso, forse perché poco amante del genere thriller o horror, ciò non toglie che il Dario nazionale sia conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, soprattutto in Francia, in Giappone e negli Stati Uniti.
I suoi film hanno fatto scuola, nonché schiere di proseliti.
“Premiere”, che è una delle più prestigiose riviste americane di cinema, qualche anno fa stilò la classifica dei 10 film più terrificanti di tutti i tempi e inserì, all’ottavo posto, “Suspiria” (per la cronaca, al primo posto c’era “L’esorcista”).
Inoltre Quentin Tarantino, nel suo “Grindhouse – A prova di morte” del 2007 dedicò un tributo a “L’uccello dalle piume di cristallo”, complice la bellissima musica che, ai tempi, Ennio Morricone compose per la prima regia del regista romano.
Di conseguenza, recuperare i suoi film in DVD non è solo un “must” per chi non li ha mai visti, ma anche un grande piacere per tutti gli estimatori del genere.

Dario Argento, classe 1940, nasce come sceneggiatore, collaborando a film del calibro di “C’era una volta il west” di Sergio Leone e “Metti, una sera a cena” di Giuseppe Patroni Griffi.
Nel 1970 debuttò nella regia con “L’uccello dalle piume di cristallo”.
Una zingara aveva predetto a Dario Argento che la sua fortuna sarebbe stata data dagli animali: per questo motivo i suoi primi tre film contenevano una razza animale nel titolo e sono conosciuti come la “Trilogia zoologica”.
Nella sua prima opera, la parte del gay fu affidata a un antiquario (Werner Peters) che vendeva all’assassino un quadro naif raffigurante uno stupro. Sarà proprio questo dipinto a scatenare nel killer una furia omicida sopita per anni.
Ne “Il gatto a nove code” del 1971 l’attore Horst Frank interpretò il ruolo del Dottor Braun, un ricercatore gay. Ma fa capolino anche Umberto Raho, già protagonista de “L’uccello dalle piume di cristallo”, nel ruolo di un amante abbandonato e vendicativo.
In “Quattro mosche di velluto grigio” del 1971, il gay di turno fu Jean-Pierre Marielle nei panni dell’investigatore Gianni Arrosio il quale scopriva l’identità dell’assassino e, per questo motivo, finiva ammazzato con un’iniezione letale in un bagno della metropolitana.
Interessante anche analizzare il fatto che Dario Argento fu il primo regista italiano a utilizzare molti attori stranieri all’interno dei suoi film. Probabilmente fu proprio il successo che da subito riscosse sui mercati esteri a spingerlo verso tale scelta.
Ma il ruolo gay più di spicco all’interno della cinematografia del regista romano fu quello di Carlo, ovvero Gabriele Lavia, nel celeberrimo e terrificante “Profondo rosso” del 1975 (sfido chiunque di voi ad ascoltare la colonna sonora dei Goblin in casa da solo!). Egli non solo era omosessuale, ma anche depresso cronico e alcolizzato. Del resto, chi non lo sarebbe stato con una madre così?!
Piccolo salto temporale. Eccoci nel 1982 e a “Tenebre”, l’ultimo thriller argentiano degno di tal nome. Dopo di allora, da “Phenomena” in poi, le sue opere andranno in caduta libera, senza più talento visionario e con buchi nelle sceneggiature più grandi di Ground Zero.
In “Tenebre” un assassino moralizzatore uccideva tutti i peccatori che incontrava sul suo cammino. E così, al grido di “sic transit gloria Lesbi”, anche due ragazze amanti finivano massacrate sotto i colpi di un affilato rasoio.
Sarebbe bello intervistare Dario Argento e chiedergli come mai ha sempre avuto il vizietto di inserire personaggi omosessuali nei suoi film, anche quando non erano ancora trendy. Inoltre è curioso notare che, a parte mezzo “Tenebre”, nessun gay è mai stato uno dei feroci assassini dei suoi film. Simpatia nei confronti della categoria o paura di essere tacciato di “politically incorrectness”?

Parliamo ora dei due horror della trilogia delle “Tre Madri” inaugurata nel 1977 col già citato “Suspiria” (uno dei suoi massimi capolavori) e proseguita nel 1980 con “Inferno” (l’ultimo capitolo, “La terza madre” del 2007, rappresenta forse uno dei livelli più bassi mai raggiunti dalla produzione di Argento).
In “Suspiria” non ci sono protagonisti gay ma un giovanissimo Miguel Bosè che ancora non ci aveva deliziato con le sue (poche) qualità canore.
Nel film una compagna di danza invidiosa lo tacciava di omosessualità prima che, nell’arco di pochi anni, lo facessero anche i gossip di mezzo mondo.
In “Inferno”, invece, l’omosessualità non è dichiarata ma ha il volto ambiguo di Leopoldo Mastelloni, perfido maggiordomo che finisce con gli occhi letteralmente fuori dalle orbite.
Ma è proprio “Inferno” (ritenuto dal critico cinematografico Kim Newman “il film horror più sottovalutato degli anni ottanta” e inserito dalla rivista cinematografica Total Film tra i migliori 50 film horror di tutti i tempi) il film più omosex di Dario Argento.
L’idea di base, che unisce indissolubilmente il concetto di Madre a quello di Morte, ha una matrice freudiana così fortemente gaia che sarebbe piaciuta tantissimo a Pasolini.

Tutti i film citati sono disponibili in DVD tranne “Quattro mosche di velluto grigio” che non è ancora stato pubblicato in Italia ma che può essere acquistato nella versione d’importazione inglese (dal titolo “Four flies on grey velvet”) con traccia in italiano.

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