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MORTЗ DI SERIE A E MORTЗ DI SERIE B

E’ di questi giorni, purtroppo, la notizia dell’ennesimo omicidio a sfondo trans-fobico avvenuto nel nostro paese. La tragica morte della povera Maria Paola Gaglione ed il barbaro ferimento del suo compagno Ciro ha fatto il giro del web e dei media.

Purtroppo portandosi dietro una lunga e tragica scia di misgendering come al solito. Durante la prima giornata tutti gli organi di informazione tradizionale e buona parte del web ha lanciato la notizia come “aggressione a due ragazze”, “fratello che ha aggredito perché non accettava la relazione lesbica”, “Maria Paola e la sua amica”, ecc.

Chiariamoci questo atto di barbarie non è un aggressione omofoba, ma trans-fobica. Ciro è un uomo trans e quello che il mostro che ha commesso quest’atto di inumana aggressione non accettava era che la sorella avesse scelto di amare un uomo trans. Un mostro, un deviato, un pervertito, uno scherzo di natura. Ciro era odiato dall’assassino e dalla maggioranza della sua famiglia per essere un “travone”, non in quanto omosessuale (anche perché non lo era).

I media, pur con ritardo e senza le dovute scuse, stano ora correggendo in maniera più o meno buona il tiro. Purtroppo alcuni gruppuscoli di sedicenti femministe e LGBT+ tutt’ora continuano in un insensata crociata di misgendering, nel tentativo di fare rumore su una fantomatica aggressione lesbo-fobica mai avvenuta. Si va da chi nega completamente che le persone transgender esistano (sono solo o povere lesbiche che hanno subito il lavaggio del cervello o perfidi uomini eterosessuali a caccia di lesbiche indifese) a chi esige certificati medici di “transitudine” per riconoscere a Ciro il pronome maschile.

Il punto però che mi duole segnalare è che questo caso ha ricevuto la risonanza medica che ha proprio perché inizialmente si è pensato, o fatto pensare, che le vittime fossero due donne cisgender. Due povere ragazze cisgender barbaramente uccise fanno notizia nazionale, normalmente quando la vittima è una persona transgender le cose vanno decisamente diversamente.

Qualcuno, esterno alla comunità transgender, si ricorda questi nomi?

Manuela Alves Rabacchi: uccisa con 85 pugnalate e il cui assassino ha poi lasciato il gas aperto cercando di far saltare l’appartamento in cui viveva. E’ successo a luglio 2020.

Aline Da Silva Ribeiro : uccisa a mazzate in testa in casa sua. Successo a gennaio 2020.

Francesca Galatro: inseguita nella casa accoglienza in cui viveva, uccisa con un colpo al petto ad Agosto 2020.

Alessandra Santos de Araujo: trovata morta a Roma per strada, dopo che una sua conoscente ha chiamato la polizia avendone investito il cadavere lasciato per terra.

Sono solo quattro dei tanti, troppi casi, di persone transgender barbaramente trucidate in Italia quest’anno. Salvo rare eccezioni (complimenti a Salerno News per non aver MAI sbagliato un pronome) queste vittime di femminicidio trans-fobico non hanno avuto più che un trafiletto di cronaca locale, zeppo di misgendering e dead naming. Perché per il giornalettaio medio italico (certi imbatta pixel e carta non si possono chiamare giornalisti) sono solo “il trans”, “l’uomo”, “il viado”. Non sono ne donne, ne tanto meno persone.

Di denuncia di questi crimini agghiaccianti in prima pagine o di passaggi serrati con denuncia nei telegiornali nemmeno l’ombra. Al massimo una breve menzione con assoluzione del carnefice.

Il perché è molto semplice: fin da principio era chiaro e lampante che erano persone transgender quindi indegne, secondo la vulgata comune, di una rappresentazione forte e corretta.

Se fossero state uccise a quel modo tre donne cisgender avremmo, giustamente, avuto intere settimane di discussione mediatica sui casi.

Le persone transgender vittima di violenza e omicidio nel nostro paese spariscono colpite e cancellate dall’esistenza, non solo dei propri carnefici, ma anche di un intera società che non le vede come soggetti ma come oggetti. Come dispregiativo per una persona cisgender vestita male o che non corrisponde agli standard del binarismo sessista. Come oggetto delle bautte su ragazze con la sorpresa e ragazzi senza batocchio. Come oggetti di consumo per sessualità feticistiche e disumanizzanti.

E’ ora di iniziare veramente a fare pressione sui media perché si parli della violenza quotidianamente perpetrata ai danni delle persone transgender e perché se ne parli in maniera corretta. Affinché donne trans, uomini trans e persone non binarie siano rappresentati con nomi e pronomi corretti. Perché le loro vite siano ricordate e riconosciute con la dignità e il rispetto che è diritto fondamentale di ogni essere umano.

Ora più che mai è urgente e necessaria una legge che tuteli le persone transgender dalla violenza, dalle discriminazioni e dalle cancellazioni che quotidianamente siamo costrette a subire in praticamente qualsiasi ambito. Dalla scuola, al lavoro, ai servizi medici, al semplice poter affittare una casa., ecc.

Lo Stato, che nella teoria dovrebbe tutelare e proteggere i cittadini tutti, è ora che inizi finalmente a difendere anche le persone transgender.