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Storia di un bacio

Me l’ha detto martedì. Ha scelto di venire in Italia tre giorni per una “vacanza” a casa mia, e me l’ha detto. Io sdraiato a pancia in giù sul letto a leggere, lui appoggiato al pilastro con una tazza di tè in mano. L’ho baciato a lungo, credo cinque, sei minuti filati, senza dire nulla o permettergli di parlare. Non è il mio ragazzo, non lo sarà mai, non mi è mai frullato per la testa che potesse esserlo. Ma quel gesto, che è venuto spontaneo, è in genere quello proprio di due innamorati, uno degli atti più intimi, più carichi di significato che due ragazzi possano compiere. E’ quando bacio che mi abbandono ad un altro e lo sento mio per la prima volta.

Non so esattamente perché l’ho fatto così d’improvviso, davvero… e mi sono reso conto solo dopo del significato che quel gesto ha avuto per lui (con le lacrime agli occhi) e per me, che negli ultimi anni ho pian piano superato tutti gli stupidi tabù messimi in testa da mia madre, dal mondo in cui sono vissuto quando il caso scoppiò… perché una cosa è superare razionalmente le cose, un’altra è che di istinto tu sappia cosa fare immediatamente. “Stefano, I’m 22. I’m very hill. I’m hiv positive”. Jean, tranquillo, ti aspettano ancora molti baci.

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