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Un diamante avviluppato

Virginia Woolf (n. Londra 1882 – m. suicida nel fiume Ouse 1941) viene ricordata col cognome del marito, Leonard Sidney Woolf (Londra 1880 – ivi 1969): un coniuge premuroso, cui dedicò anche l’ultima lettera prima del suicidio. È però noto anche l’intenso legame di Virginia con Vita Sackville-West (Kent 1892 – 1962).

Le due donne si conobbero nel 1922; la Woolf introdusse Vita nel gruppo d’intellettuali detto Bloomsbury Group (dal quartiere londinese in cui si riuniva). Il gruppo s’interessava di vari rami (letteratura, arti plastiche, musica, economia) e si poneva in modo molto critico verso la cultura dominante. Anche se l’amante di Virginia vi fu accettata a fatica, non stupisce la sua inclusione fra gli intellettuali di Bloomsbury. Alisa Del Re la definisce: “uno dei personaggi più allegramente trasgressivi e passionali del secolo scorso” (“Enciclopedia delle donne”: http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/vita-sackville-west/ ). Vita era sposata con Harold Nikolson, anch’egli omosessuale. I due mantennero, allo stesso tempo, un forte legame coniugale e diverse relazioni con persone dello stesso sesso. La Sackville-West, come la più famosa amante, era scrittrice. Un’altra sua passione illustre fu quella per una terza letterata, Violet Trefusis (Londra, 1894 – Firenze,1972). Con lei, Vita intraprese una fuga d’amore in Francia che fu interrotta dai rispettivi mariti (vedasi: Alessio Altichieri, “Il figlio di Vita Sackville-West: mia madre amò Virginia Woolf”, Corriere della Sera, 21 agosto 2000, pag. 17: http://web.tiscalinet.it/rassegnales/agosto-2000/corseraa21agosto2000.htm ).
Non siamo forse lontani dal vero, vedendo una trasposizione letteraria dell’amore tra Virginia e Vita in alcune pagine di Mrs Dalloway (“La signora Dalloway”, 1925). In esso, la protagonista Clarissa Dalloway rievoca la propria relazione con Sally Seton, eccentrica e creativa come la Sackville-West. Clarissa sta tornando a casa dopo una giornata di commissioni, “come una suora che si ritira o una bambina che esplora una torre”. Entra nella monacale stanza da letto ove dorme, separata dal marito, dopo una malattia che l’ha debilitata. In quel quadro solitario, si domanda cosa manchi alla propria vita affettiva. “Non era la bellezza; non era l’intelligenza. Era qualcosa di centrale che permeava; qualcosa di caldo che spezzava le superfici e increspava il freddo contatto fra uomo e donna, o fra due donne. […] talvolta, lei non poteva evitare di cedere al fascino di una donna, non una ragazza, di una donna che confessava, come facevano spesso a lei, qualche difficoltà, qualche follia. E, che fosse per via della compassione, o della loro bellezza, o perché lei fosse più anziana, o per qualche accidente –come un lieve profumo, o un violino nelle vicinanze (così strano è il potere dei suoni in certi momenti), lei senza dubbio sentiva ciò che gli uomini sentivano. Solo per un momento; ma era abbastanza. Era una rivelazione improvvisa…” Il ricordo che sovviene a Clarissa è quello, appunto, dell’amica Sally Seton. “Era una bellezza straordinaria del genere che lei più ammirava, con occhi scuri e grandi, con quella qualità che, poiché lei stessa non la possedeva, invidiava sempre –una sorta di abbandono, come se potesse dire qualunque cosa, fare qualunque cosa…” La vicinanza di Sally ha fatto percepire a Clarissa, da nubile, quanto fosse ristretto il mondo della casa paterna, affettivamente e culturalmente. “Lei [Clarissa] non sapeva nulla del sesso, nulla dei problemi sociali. […] la zia Helena non amava mai la discussione, su qualsivoglia argomento […] [Clarissa e Sally] restavano sedute, ora dopo ora, a parlare nella sua camera in cima alla casa, a parlare della vita, di come avrebbero riformato il mondo. Volevano fondare una società per abolire la proprietà privata […] Le idee erano di Sally, ovviamente –ma presto anche lei fu altrettanto eccitata- leggevano Platone a letto prima di colazione; leggevano Morris; leggevano Shelley […] Era sorprendente il potere di Sally, il suo carisma, la sua personalità. […] La cosa strana, guardandosi indietro, era la purezza, l’integrità, del suo sentimento per Sally. Non era come il sentimento verso un uomo. Era completamente disinteressato, e, inoltre, aveva una qualità che poteva esistere solo fra donne, fra donne appena cresciute. Era protettivo, da parte sua; nasceva dalla sensazione di essere alleate, un presentimento di qualcosa che era destinato a separarle (parlavano del matrimonio sempre come di una catastrofe), che portava a questa cavalleria, a questo spirito protettivo che era molto più da parte sua che non di Sally. […]” L’unica esperienza eroticamente intensa in tutto Mrs Dalloway è il bacio fra le due ragazze. “[Clarissa] sentiva che le era appena stato fatto un regalo, avviluppato, e che le era stato detto di conservarlo soltanto, di non guardarlo –un diamante, qualcosa di infinitamente prezioso, avviluppato, che, mentre camminavano […] lei scoprì, o la radianza trapelò, la rivelazione, il religioso sentimento!” Un’esperienza tanto rara e delicata da andare in pezzi alla prima intrusione dell’elemento maschile. Un’esperienza che è esaltata non tanto nelle delizie dei sensi, quanto nell’illuminazione spirituale che produce.
La connessione tra legami fra donne e risveglio intellettuale delle medesime è menzionata anche in un’altra famosa opera della Woolf, A Room of One’s Own (“Una stanza tutta per sé”, 1929). Al cap. 5, l’autrice prende in considerazione un romanzo, un’opera piuttosto ordinaria e pubblicata di recente (alla sua epoca): Life’s Adventure, di Mary Carmichael. Le protagoniste sono Chloe ed Olivia, che condividono un laboratorio medico. Con molta suspense, la Woolf individua una frase che colpisce la sua attenzione: “A Chloe piaceva Olivia”.
“ ‘A Chloe piaceva Olivia’, lessi. E allora mi colpì l’immenso mutamento che c’era. A Chloe piaceva Olivia forse per la prima volta nella letteratura. A Cleopatra non piaceva Ottavia. E come sarebbe stato completamente alterato Antonio e Cleopatra se fosse stato così! […] L’unico sentimento di Cleopatra per Ottavia è quello della gelosia. […] Il dramma, forse, non richiedeva altro. Ma come sarebbe stato interessante se il rapporto fra le due donne fosse stato più complicato… Tutti questi rapporti fra donne, pensai, ricordando rapidamente la splendida galleria di personaggi femminili, sono troppo semplici. […] È strano pensare che tutte le grandi donne della narrativa, fino all’epoca di Jane Austen, sono state non solo viste dall’altro sesso, ma viste solo in relazione all’altro sesso. E che piccola parte d’una vita di donna è quella!”

Virginia Woolf, Mrs Dalloway, (“Penguin Popular Classics”), 1996, Penguin Books, pp. 29-34. Traduzioni nostre.

Virginia Woolf, A Room of One’s Own, (“Penguin Modern Classics”), 2000, Penguin Books, pp. 79-93. Traduzioni nostre.

Testo di Erica Gazzoldi Favalli