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IN PROM WE TRUST

Proprio quando il Parlamento varava la storica riforma del sistema sanitario nazionale; mentre Obama firmava la prima e finora unica conquista del suo mandato a più di un anno dall’elezione (consapevole, poverello, che il Nobel sulla fiducia ancora non se l’è riguadagnato) e per l’occasione pronunciava un bel discorso di sana retorica che, si sa, agli americani piace tanto; insomma, mentre si compiva un passo epocale per la democrazia “made in USA”, ecco che dal North Dakota al South Carolina già s’apriva un nuovo dibattito destinato a dividere nuovamente gli americani.

L’accostamento forse stonerà alle orecchie di noi raffinati europei, ma è bene non fare gli snob, per una volta, e concentrarci sui fatti. A Fulton, nello Stato del Mississipi, la Itawamba Agricultural High School (eh, lo so: il nome dell’istituto lascia a desiderare, ma ve l’ho detto di non fare gli snob!) si prepara come ogni anno al tradizionale “prom”, il ballo di fine anno.
E qui sta la vera notizia per noi europei: il ballo di fine anno nelle scuole superiori americane non è una trovata hollywoodiana: esiste davvero! E se lo fanno alla Itawamba Vattelapesca School di Fulton, c’è da credere che lo facciano proprio dappertutto.
Perfino gli ingredienti pare siano davvero quelli tramandati da una gloriosa tradizione di film, da Grease in poi: abiti ed acconciature orribili per le signorine, giacca e cravatta (quest’ultima rigorosamente inguardabile) per i cavalieri, un Re e una Regina eletti tra i più popolari e cool della scuola, l’immancabile ponce, l’immancabile sbronza con ben altre bevande alcoliche e per alcuni l’ultima possibilità di perdere la verginità prima del college…

Mi spiego? La cosa si fa seria. Questa volta, nella summenzionata scuola, in una classe dell’ultimo anno c’è Constance McMillen, diciottenne lesbica dichiarata. La celebre bigotteria sudista non si smentisce mai dai tempi di Rossella O’Hara in qua, e la direzione della scuola proibisce alla ragazza e alla di lei fidanzata di partecipare al prom. Dopo qualche tempo, torna sui suoi passi e fa sapere a Constance che sì, potrà partecipare al prom con la sua partner, ma le due non potranno tenersi per mano, baciarsi e già che ci siamo neppure ballare dolcemente avvinghiate l’una all’altra. Ah, e ovviamente dovranno indossare abiti “consoni alla circostanza” e non degli abiti maschili, come era loro intenzione. Quando Constance ha protestato dichiarando con orgoglio di “non voler far finta di non essere gay” e facendo ricorso ai suoi legali, la scuola ha tagliato la testa al toro cancellando completamente il prom del 2010. Apriti cielo! Genitori e alunni della scuola si sono infervorati alquanto, sentendosi vittime di una clamorosa ingiustizia: il prom, per la classe piccolo e medio borghese statunitense (leggi, Wisteria Lane e dintorni) è un evento irrinunciabile nella propria esistenza. Un autentico rito d’iniziazione con il quale il pargolo abbandona l’adolescenza per tuffarsi nell’età adulta dei college e delle università.

Il prom è la realizzazione annuale in scala ridotta del sogno americano: chi in un modo chi in un altro, gli alunni sono riusciti tutti ad arrivare alla fine della loro carriera scolastica, e tutti, senza distinzioni tra sfigate e reginette, tra secchioni e somari, si ritrovano in palestra per divertirsi e celebrare il loro successo. E possono gli Stati Uniti permettere che per un simile sabba d’uguaglianza si facciano distinzioni di orientamento sessuale? Possibile che a qualcuno sia negato questo rituale di fine adolescenza? La diciottenne Constance si è rivelata coraggiosa e caparbia: con l’aiuto della American Civil Liberties Uniun ha portato la questione fino alla Corte Federale del Nord Mississipi e ha catalizzato l’attenzione dei media nazionali. Da tutti gli Stati Uniti sono arrivate dichiarazioni di vicinanza e solidarietà e perfino inviti a partecipare ad altri prom organizzati da altre scuole.

In breve tempo la Corte Federale del Nord Mississipi non ha ingiunto alla Itawamba Agricultural High School, poiché un prom privato aperto a tutti è stato organizzato dai genitori, ma ha affermato che la decisione di Constance di presentarvisi con una partner del suo stesso sesso e di vestire in abiti maschili è conforme al Primo Emendamento della Costituzione sulle libertà d’espressione. Insomma, gli Stati Uniti saranno anche bigotti, ma l’uguaglianza sancita dalla Costituzione è sacra. Almeno quanto il prom.

Maurizio Diego