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Vino bianco, fiori e vecchie canzoni…

Il titolo di questa rubrica è tratto da “Maledetta primavera” di Loretta Goggi, canzone che non tratta una tematica omosessuale ma che, suo malgrado, è diventata un’icona gay.Molti interpreti più o meno famosi, italiani e non, hanno cantato negli anni l’omosessualità, alcuni in modo serio, altri ironico, altri ancora sussurrato. Le canzoni sono lo specchio dei tempi in cui vengono create. Perciò riascoltare le canzoni omosessuali significa non solo riscoprire piccole gemme “a tema” magari dimenticate dal tempo, ma soprattutto analizzare la crescita umana e culturale di una società.


POLISEX
(Ivan Cattaneo)
Urlo – 1980

Strana carriera quella di Ivan Cattaneo. Cantante trasgressivo e di rottura, non è mai riuscito a trovare una sua autentica dimensione all’interno della musica italiana.
Fu lui ad inventare il look punk della prima Anna Oxa e per Patty Pravo scrisse l’affascinante “Male bello”.
Però, di suo, conobbe il grande successo solo riproponendo, in maniera alternativa, le canzoni degli anni 60.
Così l’ironico “2060 Italian graffiati” divenne uno degli album di maggiore successo dell’estate 1981 mentre il successivo “Bandiera bianca” del 1983 gli regalò il secondo (ed ultimo) boom della sua carriera. Un terzo tentativo del 1986, “Vietato ai minori”, mancò il bersaglio, anche per via di una scelta di pezzi poco azzeccata e di una stanchezza serpeggiante all’interno di un progetto ormai giunto alla frutta.
Così il cantautore bergamasco sparì lentamente dalle scene, preferendo dedicarsi ad un’altra sua grande passione: la pittura.
Eppure, prima del periodo “revival”, nel 1980 Cattaneo incise un LP meritevole di attenzione, “Urlo”, il cui singolo “Polisex” si fece notare sia per il testo, decisamente avanti per quei tempi, sia per la musicalità molto accattivante, nonostante l’arrangiamento si ispirasse in modo fin troppo sfacciato a “Lotta love” di Nicolette Larson.
Ma, come dice la grande Madonna, perché inventare quando si può copiare?

“Polisex” divenne non solo il più grande successo scritto da Ivan Cattaneo, ma anche l’inno di tutti gli alternativi, conquistando il favore della critica e di molte radio libere.
Parla di un “uomo-donna” che può essere utilizzato come oggetto per il proprio piacere personale.
“Il corpo macchina si muove e tu sei fatto di carne per i desideri miei”. Così comincia la canzone e già si nota il clima di spersonalizzazione sessuale in cui la persona assume solo il valore di un sex toy.
“Tu puoi odiarmi o puoi amarmi se vuoi o puoi giocare solo per il sesso che ho”, prosegue Cattaneo, regalando alla sua ambiguità sessuale musicale quel tocco di artisticità che mancava alle varie “Sbucciami” di Cristiano Malgioglio, paroliere di grande valore ma interprete sempre pericolosamente ai limiti del ridicolo.
Se nella prima parte della canzone Cattaneo dice “e sarai uomo” nella seconda dice “e sarai donna”, la morale alla fine non cambia: sarai sempre qualcuno che “fa sempre ciò che non vuoi”.
Forse perché l’essere “polisessuale” porta a vivere una condizione di perenne insoddisfazione erotica? Non voglio giudicare la categoria, ma trovo che, spesso e volentieri, i bisessuali (perché altro non sono, al di là delle elucubrazioni mentali di gente come Gianna Nannini) siano anime confuse buone solo a causare dolore a chi sta loro vicino.
Il ritornello finisce dicendo “di lingua, di mano, di labbra e di cuore… ma il cuore, ‘sto cuore, lascialo stare”
Infatti questo è l’unico organo del corpo umano che non sempre è ben accetto in una società (gaia e non) dove troppe persone sono allergiche a termini come “impegno”, “secondo incontro” e “monogamia”.

Ho un ricordo molto simpatico di Ivan Cattaneo. Nel lontano 1982, quando parlare in pubblico della propria omosessualità non era ancora di moda, fu ospite di Enzo Tortora nella trasmissione “Cipria”.
Tortora, che amava provocare, era solito leggere una lista di personaggi famosi all’ospite di turno, domandandogli chi tra di loro avrebbe mandato in Siberia e chi avrebbe invece tenuto in Italia.
Quando chiese di Antonio Cabrini, calciatore juventino nonché bellissimo ragazzo, il cantante rispose “In Italia. A casa mia”.
Perciò onore, gloria e lunga memoria a Ivan Cattaneo, formichina musicale di fronte a colossi come Renato Zero e Lucio Dalla, ma con un coraggio che vale molto più dei milioni di dischi venduti dagli altri due.