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Vino bianco, fiori e vecchie canzoni…

Il titolo di questa rubrica è tratto da “Maledetta primavera” di Loretta Goggi, canzone che non tratta una tematica omosessuale ma che, suo malgrado, è diventata un’icona gay.Molti interpreti più o meno famosi, italiani e non, hanno cantato negli anni l’omosessualità, alcuni in modo serio, altri ironico, altri ancora sussurrato. Le canzoni sono lo specchio dei tempi in cui vengono create. Perciò riascoltare le canzoni omosessuali significa non solo riscoprire piccole gemme “a tema” magari dimenticate dal tempo, ma soprattutto analizzare la crescita umana e culturale di una società.

GAIO
(Rettore)
Magnifico delirio – 1980

Pazza, baraccona, irriverente, a tratti geniale.
Ecco alcuni aggettivi che mi vengono in mente quando penso a Donatella Rettore, anzi a Miss Rettore (come declamava nella sua hit “Donatella” che le fece vincere il Festivalbar nel 1981, guai a chiamarla col suo nome di battesimo!).
Dopo un inizio da cantante impegnata, quasi ai limiti del folk, la carriera di Rettore decollò quando si convertì ad un pop (che lei si ostinava a chiamare rock) fresco e divertente che trattava tematiche fuori dal comune.
“Splendido splendente”, che parlava di chirurgia plastica, divenne uno dei tormentoni dell’estate 1979 mentre l’anno dopo il “Kobra” la consacrò regina delle classifiche e dei doppi sensi. È entrata nella storia la sua rivalità con Loredana Berté (che lei chiamava “Luridona”), tanto che sembrava di essere tornati ai tempi della Loren e della Lollobrigida.
Nel 1982 fu la volta di un album dedicato interamente al suicidio (il singolo era la famigerata “Lamette”, in seguito diventata un cult) che non fu apprezzato in Italia come avrebbe dovuto. Fossimo stati in Inghilterra o solo il disco fosse uscito qualche anno dopo, il discorso sarebbe stato ben diverso.
Da lì la parabola di Rettore iniziò la sua discesa, nonostante altri pezzi bellissimi, a cominciare da “Io ho te”, che la cantante continuava a dispensare ai suoi fans.
Non va dimenticato che Elton John scrisse apposta per lei alcuni brani molto belli (come “Remember” e “This time”) e che Rettore ha comunque, nel corso dei decenni, fatto dei ritorni sulla scena degni nota, come a Sanremo 1994 quando cui interpretò la magica “Di notte specialmente”.
L’estate scorsa è uscita la sua ultima fatica “Caduta massi”, con alcuni brani decisamente interessanti, soprattutto sotto il profilo dei testi, di cui la cantante veneta è da sempre autrice.

1980: Rettore era chiamata a ripetere il successo ottenuto l’anno precedente con l’album “Brivido divino”, io a sostenere gli esami di maturità. Tra i due ci fece una figura migliore lei mentre io, tra italiano, greco e valium, mi rilassavo ascoltando la sua nuova fatica intitolata “Magnifico delirio” il cui singolo era, per l’appunto, il già citato “Kobra”.
Ma la canzone che oggi a noi interessa è la traccia numero due, “Gaio”.
Per quanto ai tempi questa parola non fosse di uso comune quanto lo è oggi, il titolo lasciava pochi dubbi riguardo al suo contenuto.
Il brano è quasi tutto un “nonsense”, come andava di moda in quegli anni.
Però quel “gaio che perde il suo calore sotto un saio” sembra quasi voler insinuare l’alto numero di gay che si nascondono dietro a una tonaca (non vi dico quanti ne ho conosciuti io) mentre “gaio che ama anche se il sesso fosse acciaio” rende molto bene l’idea della promiscuità che caratterizza buona parte del mondo omosex, soprattutto quello maschile.
Quando invece la canzone dice “fuma la donna di plastica bionda, si perde un giro e salta la sponda” Rettore tratta il tema delle trans, anticipando un argomento che, negli anni a venire, sarebbe stata battuto da molti altri autori.
E forse si parla ancora di trans quando il ritornello termina dicendo “gaio, col pelo d’estate e nudo a gennaio”. Infatti non posso fare a meno di ripensare a quelle gelide notti d’inverno in cui, tornando a casa in auto, vedo certe signore praticamente nude in mezzo alla strada. Provo freddo io per loro.

Oltre a “Gaio” e alle intense “Le mani” e “Il granchio”, c’è un altro brano di “Magnifico delirio” che vorrei consigliare.
Si tratta di una canzone d’amore molto bella e sensuale, con un testo che non lascia nulla all’immaginazione.
Si intitola “Benvenuto” e, tra le varie cose, recita “benvenuto dentro e innamorato”, “benvenuto in gola e nel palato” e “benvenuto nel sangue e con le occhiaie la mattina”.
Rettore ne fece un video e lo propose a Pippo Baudo come sigla per “Domenica in”.
Com’era prevedibile, il presentatore declinò l’offerta e la cantante, in un’intervista, si dichiarò molto stupita per questo suo rifiuto.
Adorabile, finta ingenua!